Una
volta un re ricevette in regalo due magnifici falchi.
Erano falchi pellegrini, i più begli uccelli che
avesse mai visto. Diede i suoi preziosi falchi al suo capo falconiere per
allenarli. Un giorno, il capo falconiere informò il re che, anche se uno dei
falchi era maestosamente volato altissimo nel cielo, l’altro uccello non s’era
mosso dal suo ramo dal giorno in cui era arrivato.
Il
re convocò vari guaritori e stregoni da tutte le terre, affinché si
prendessero cura del falco, ma nessuno riuscì a farlo volare. Meravigliato della cosa, presentò
allora lo strano caso ai membri della sua corte, ma l’uccello continuava a non volerne sapere di muoversi dal trespolo.
Avendo
provato ogni cosa, il re pensò tra sé: “Forse ho bisogno di
qualcuno che conosca meglio la campagna per capire la natura di questo
problema.” Così
chiamò la sua corte e disse “andate e portate un contadino”. In mattinata, il
re fu elettrizzato di vedere il falco volare alto sopra i giardini del palazzo
e disse ai membri della corte “portatemi la persona che ha fatto questo
miracolo!”
La
corte rapidamente andò dal contadino e lo accompagnò di fronte al re. Il re
quindi gli chiese: “Dimmi, come hai fatto a far volare questo falco?”. Con la testa inchinata
il contadino disse: “Sire, è stato molto facile, ho semplicemente tagliato il ramo su cui l’uccello era seduto”.
Questo
racconto ci spiega abbastanza bene cosa sia la cosiddetta zona di confort. Nella vita degli
esseri umani esiste una sorta di perimetro mentale che li circonda, un confine
che separa nettamente ciò che ci offre sicurezza (le nostre abitudini, le
nostre convinzioni, le nostre amicizie consolidate) da ciò che, invece, incute
timore, perché legato a ciò che non conosciamo e ci risulta ignoto. Ne consegue
che la zona di comfort è uno spazio dove le persone si adagiano, perché in
questa zona si sentono protette,
stress e rischi sono ridotti al minimo e ciò fornisce uno stato di sicurezza mentale. La zona di comfort crea dei
confini invisibili oltre ai quali non si osa
andare, perché i rischi si farebbero più forti e gli abituali punti di
riferimento non esisterebbero più.
Tuttavia,
qualunque percorso di crescita personale non può segnare progressi, se non si
acquisisce il coraggio di valicare questa zona di confort e spingersi oltre.
Coloro che si cimentano in questo arrivano nella cosiddetta zona di
apprendimento,
nella quale essi si trovano ad affrontare situazioni nuove, da cui, però,
possono acquisire ulteriori conoscenze e competenze, che danno loro maggiore
controllo sulla realtà che li circonda. Cosi, ad esempio, nessuno, prima di
fare lezioni di scuola guida, è in grado di guidare in modo corretto e sicuro
un’automobile; egli deve, infatti, prima acquisire quelle abilità (uso corretto
del volante, uso corretto del cambio, uso corretto dell’acceleratore e del
freno) che, unite insieme, creano quella competenza che consente
all’automobilista di guidare serenamente un’auto. Certo, all’inizio,
l’individuo proverà dei disagi nel cimentarsi in un compito nuovo e, forse,
dinanzi ai primi insuccessi, potrebbe essere tentato di pensare che sarebbe
meglio andare a piedi, ma, man mano che avrà acquisito consapevolezza nella
guida, sarà ben felice di guidare l’auto, perché, attraversando con successo la
sua zona di apprendimento, avra’, appunto, imparato ad ampliare la propria zona
di confort.
Importante
è, però, che questo processo sia graduale. Infatti, cimentarsi in compiti
troppo complessi e difficili, spinge l’individuo nella cosiddetta zona di
stress o zona di panico,
dove è esposto al rischio di
insuccesso e questo potrebbe spingerlo, per reazione, ad aggrapparsi ancor di
più alla propria zona di confort, senza volerne più uscire, con conseguenze
molto negative sul piano della crescita personale. Per ritornare all’esempio
precedente, una persona che non abbia mai guidato un’auto in vita sua, grazie
alle lezioni di scuola guida, può diventare un buon automobilista, ma non si
deve pretendere che diventi subito abile come chi, grazie a decenni di
esperienza di guida, sa viaggiare a velocità elevate in autostrada, sa
parcheggiare senza difficoltà, ecc.; se si pretende questo, a parte i rischi
per la sicurezza sua e degli altri, si avrà un’alta probabilità di insuccesso,
che spingerà l’individuo ad essere tentato di rinunciare e a scegliere di
spostarsi a piedi o con i mezzi pubblici (e magari anche a provare antipatia
per il mondo delle quattro ruote…).
In
conclusione, la zona di confort della nostra psiche è certo piacevole e
rassicurante, ma non dovrebbe mai divenire una prigione in cui restare ingabbiati.
Per crescere, occorre osare, sia pure con gradualità. Come diceva un saggio, le
navi sono di certo più al sicuro in un porto, ma non è per questo fine che sono
state progettate.
Ferdinando G. Rotolo (settembre 2015)