sabato 26 dicembre 2015

Facciamo spazio, arriva il 2016!


Dinanzi al nuovo anno che ormai è vicino, non è il caso di prodursi in grandi e prolissi discorsi su ciò che ci attendiamo dal 2016, ossia, più o meno, le medesime cose liete e positive che ci attendevamo dal 2015 ormai alla fine. Come sempre, ognuno reca dentro di sé gioie e delusioni vissute durante l’anno che sta per spirare; come sempre, ognuno reca dentro di sé tanti sogni e tante speranze per l’anno che sta per iniziare; insomma, come sempre, ognuno si augura che l'anno che arriva sia migliore del precedente. Tuttavia, stavolta, senza tornare indietro al 1832 e cedere alla tentazione di cadere nel pessimismo del Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere di leopardiana memoria, preferiamo accogliere il nuovo venuto, anziché con le nostre semplici parole, con i bellissimi versi che il grande Neruda compose, per salutare l’anno nuovo, sperando che portino davvero buoni frutti e ricordando che bisogna fare lo sforzo di augurare buon anno non solo a chi si adopera per donarci amore, ma anche a chi, più o meno palesemente, sfrutta ogni occasione per offrirci qualche dispiacere.
Il primo giorno dell'anno
lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.

Gli adorniamo la fronte
con un nastro,

gli posiamo sul collo sonagli colorati,

e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere

come se fosse un esploratore
che scende da una stella.

Come il pane, assomiglia
al pane di ieri,

come un anello a tutti gli anelli.

La terra accoglierà questo giorno

dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline,

lo bagnerà con frecce 
di trasparente pioggia

e poi lo avvolgerà
nell'ombra.
Eppure,

piccola porta della speranza,

nuovo giorno dell'anno,

sebbene tu sia uguale agli altri

come i pani 
a ogni altro pane,

ci prepariamo a viverti in altro modo,

ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.



 Ferdinando G. Rotolo (dicembre 2015)

Recita di fine anno?


Tempo di fine anno, tempo di bilanci: alcuni positivi, altri negativi. Tempo di fine anno: si respira un’aria più salutare in giro; voglia di serenità, di pace, di riposo dopo un anno di ritmi pesanti legati al lavoro. E, per qualche giorno, si ha l’occasione di rallentare il tempo delle abitudini mattutine, magari perdendo qualche minuto in piu ad osservare il sole che sorge e la splendida natura circostante, che di solito osserviamo con occhi più distratti.
Tempo di fine anno:  voglia di salutarsi, di scambiarsi qualche sorriso in più, di augurarsi reciprocamente un po’ di bene di sentire, finalmente, che è possibile rapportarsi con gli altri superando diffidenze o rancori, riscoprendo quello che di umano esiste in ogni altro simile, al di là delle opinioni politiche, religiose, delle differenze culturali, persino del tifo calcistico.
Tempo di fine anno: tempo di otium, come dicevano i latini, cioè tempo da dedicare ai sani piaceri della vita, come la lettura, la conversazione, i viaggi, la buona tavola, dei quali troppo spesso ci si dimentica, immersi nel tran tran quotidiano.
Poi, però, inizia il nuovo anno e si ritorna alle solite (pessime) abitudini: ritmi frenetici di lavoro, rapporti interpersonali aridi, se non falsati dall’interesse o dall’opportunismo, egoismo strisciante, il solito edonismo fine a sé stesso, il solito denaro come punto di riferimento di ogni cosa. Evidentemente, qualcosa non funziona, come se l’aria di gioia e serenità delle feste fosse solo una bella esercitazione di pochi giorni ad uso dei bambini ingenui.
Ecco, dovremmo provare, con tutte le nostre forze, a fare in modo che quel clima di gioia e di serenità che respiriamo in queste magiche giornate di fine anno non sia limitato queste giornate, ma si estenda anche al resto dell’anno; dovremmo cercare di affermare la nostra volontà di non essere piegati dalle leggi del consumismo o del mercato, ma anzi di voler modificare quelle leggi, in nome della creazione di una società autenticamente umana, in cui ciò che conta non sia il profitto, ma la cultura, non il denaro, ma la ricchezza dello spirito, non l’egocentrismo o l’indifferenza, ma la cura e la preoccupazione per gli altri.
Se davvero si riuscisse finalmente a vivere in questo modo, la società certamente cambierebbe, eccome! Sogni a vuoto? Magari a fine anno ci sentiamo un po’ più sognatori folli, ma chi ha rinunciato anche a sognare un mondo diverso (e magari se ne vanta pure), forse, è ancora più folle.
Buon anno!

Ferdinando G. Rotolo (dicembre 2015)