sabato 10 dicembre 2016

Politica cercasi


Negli ultimi tempi, molti commentatori che si occupano di politica, osservando quanto accade nella società occidentale, lamentano spesso il fatto che gli elettori si siano fatti contagiare dal sentimento dell’antipolitica. I segnali, in tal senso, secondo costoro, non mancherebbero: dai rigurgiti nazionalistici (o presunti tali) in alcuni paesi del centro-europa al successo di movimenti anti-apparato in Italia o Spagna, dal referendum sulla Brexit fino alla clamorosa (apparentemente) elezione di zio Donald alla potente White House.
In realtà, dietro questi fenomeni, agiscono cause profonde differenti (anche se, in qualche modo legate), che hanno agito sottotraccia negli ultimi decenni e che ora vengono alla luce in modo più evidente, anche all’occhio di osservatori rimasti (finora) piuttosto distratti.
Se guardiamo più da vicino al nostro piccolo orticello italico, non dovremmo meravigliarci troppo di quanto è accaduto negli ultimi anni. Il successo elettorale di cui godono i movimenti sulla carta più nazionalisti o identitari non dipendono certo dal fatto che gli italiani siano improvvisamente divenuti xenofobi, ma dal semplice fatto che le classi medio-basse (che, dopo aver goduto, fino alla metà degli anni ’90 di un relativo benessere, hanno pagato sulla loro pelle i pesanti costi della  crisi economica e della globalizzazione dei mercati) vedono come fumo negli occhi quell’immigrazione di massa cui il nostro paese è stato colpevolmente esposto a seguito di errate scelte politiche internazionali, poiché essa ha innestato guerre tra poveri in una sorta di concorrenza al ribasso sul mercato del lavoro: perché il datore di lavoro dovrebbe pagare di più, in mansioni a bassa qualificazione professionale, un lavoratore italiano, quando c’è dietro l’angolo un immigrato disposto a lavorare ad un terzo della paga? E perché lo stesso datore di lavoro non dovrebbe sentirsi libero di sbaraccare capannoni e macchinari collocati nel prospero (un tempo) nord-est e spostare la propria attività in Moldavia, Armenia o Qualunquistan, dato che lì il costo del lavoro è 5/6 volte più basso, non esistono leggi antinquinamento e persino il lavoro minorile è abbastanza tollerato? Chi dovrebbe impedire tutto ciò? In altri tempi, avremmo detto: ‘la Politica’. Già, ma ora essa dove sta? Buio in sala e cambio di scena.
Correva l’anno 1992. Poco dopo la fragorosa caduta dei regimi comunisti dell’est, l’Italia venne scossa dal ciclone della cosiddetta ‘Tangentopoli’, ossia un complesso di inchieste giudiziarie partite dalla Procura della Repubblica di Milano che sollevarono il coperchio su un vasto sistema di corruzione che alimentava gli apparati dei partiti (al governo e all’opposizione) attraverso una capillare rete di tangenti e mazzette. Inchiesta certamente meritoria e vista con favore da un’opinione pubblica che riteneva ormai non più tollerabile il perpetuarsi di quel sistema. Eppure, proprio allora qualcuno, nelle alte sfere, iniziò astutamente a soffiare sul vento del qualunquismo, raccontando ai cittadini che i partiti erano essi stessi fonte di sperperi e corruzione e che, dunque, la democrazia avrebbe funzionato anche meglio senza di essi. Queste si, che erano idee davvero demagogiche e populistiche, che, però, purtroppo, ebbero facile presa: tutta un’intera classe politica, composta dai partiti che avevano scritto la nostra Costituzione, venne spazzata via definitivamente e la politica (se vogliamo ancora chiamarla così), privata dei partiti organizzati, nel tempo è diventua terreno di caccia di qualche plutocrate che ha ben potuto far politica grazie alle sue ricchezze personali o di qualche consorteria organizzata di potere pronta a utilizzare la politica solo per fare affari.
Così, col passare del tempo, la politica nostrana (e non solo) è divenuta ancilla oeconomiae, al punto che oggi i mercati finanziari influenzano le scelte politiche persino del parlamento, di fatto divenuto agli occhi degli elettori come una specie di camera notarile chiamata a sancire decisioni prese altrove, sia che governi il centrodestra, sia che governi il centrosinistra. In questa situazione, le spinte denunciate dai media mainstream come ‘populistiche’ appaiono nient’altro che la, magari scomposta, ma naturale reazione della classe borghese medio-bassa dinanzi al pericolo della propria proletarizzazione o, addirittura, estinzione. Insomma, è vero, come dicono i media, che ci sarebbe bisogno di più Politica e Democrazia, ma questa lamentela, posta in bocca a coloro che hanno fatto da portavoce a chi ha demagogicamente contribuito a determinare questo pasticcio, risuona viziata da un po’ di ipocrisia.
"C’è ancora tempo per tornare indietro, Sherlock?"
 "Temo di no, Watson."


Ferdinando G. Rotolo (dicembre 2016)