domenica 10 luglio 2011

Colpo basso


 

 La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.
Isaac Asimov

Lei era lì, distesa sul letto. Attraverso il velo delle sue lacrime riusciva a vedere il ghigno compiaciuto del Maschio che si dilettava nel guardarla. Il sole entrava a fatica nella stanza, pallido attraverso un manto di nubi che sembravano volerlo nascondere.
La Donna aveva perso la voce per il terrore e non riusciva ad emettere alcun suono dalla gola, se non un lamento sottile, simile a certe litanie funebri dei tempi antichi. La sua mente, però, cercava di mantenersi ancora vigile, in un estremo tentativo di difesa, rovistando nella memoria per capire ciò che era accaduto.
La Donna aveva iniziato a lavorare nella Villa da pochi mesi, dopo aver risposto ad un annuncio di offerta di lavoro; nonostante lavorasse già in alcune case come donna delle pulizie, essendo in condizioni economiche difficili, ella aveva ben volentieri accettato l’incarico da parte del ricco Maschio. Dopotutto, non si trattava di un’offerta cattiva: due giorni di lavoro a settimana, per tenere pulita ed in ordine la Villa sul mare che egli possedeva e che usava solo in estate, quando vi veniva in vacanza con gli amici. La paga era buona ed i versamenti avvenivano puntuali. Insomma, la Donna poteva ritenersi soddisfatta, anche perché il Maschio era stato molto gentile e cortese con lei, al punto che le aveva persino dato una copia delle chiavi del cancello e del portone secondario, sicché ella poteva entrare tranquillamente nella Villa, senza bisogno che ci fosse qualcuno ad attenderla.
La Donna era contenta di questo lavoro, grazie al quale sperava di poter meglio provvedere al sostentamento di sé e del suo piccolo Bimbo; infatti, da ragazza madre, aveva imparato subito a fare sacrifici, per mantenere quella creatura che aveva generato da sola, a dispetto del mondo, dopo che il suo compagno, venuto a sapere che era rimasta incinta, era coraggiosamente sparito dalla circolazione.
Ogni fatica delle sue braccia, ogni goccia di sudore che grondava dalla sua fronte erano un’offerta che lei donava al destino, in cambio di un futuro migliore per il suo adorato Bimbo; e questa offerta si univa a tutte le altre che ogni giorno, in tutti gli angoli della terra, altre madri in difficoltà presentano al destino invidioso, in cambio di un poco di felicità per i loro figli.
Allora brillarono per lei giorni felici, finché il cielo ostile non si rannuvolò nuovamente.
Fu una mattina di sabato. Il Maschio le aveva chiesto di recarsi alla Villa per delle pulizie straordinarie, in quanto la settimana seguente egli avrebbe voluto ospitare degli amici importanti nella sua residenza. La Donna aveva ubbidito.
Nel silenzio della casa, ella aveva iniziato a lavorare nel salone degli ospiti, completamente deserto. Poi era passata al piano superiore, per ordinare le camere da letto. Mentre si trovava nel corridoio, si trovò improvvisamente davanti il Maschio. Egli la guardò intensamente a lungo, senza dire una parola. Quindi la afferrò con le sue possenti braccia e la trascinò a forza in una delle camere. La Donna avrebbe voluto urlare, ma il terrore le aveva tolto la voce. Ella, avendo capito le intenzioni del Maschio, cercò più volte di svincolarsi dall’abbraccio del suo assalitore, ma fu tutto inutile.
In pochi attimi la Donna si ritrovò sul letto, completamente nuda, mentre il Maschio, in preda all’eccitazione, la osservava con attenzione vorace, quasi pregustasse nella sua mente il lauto banchetto di piacere cui, da ospite non invitato, avrebbe preso parte di lì a poco.
Nel silenzio irreale della Villa la tragedia stava per consumarsi. La Donna vide con orrore il Maschio avvicinarsi a lei, estrarre la sua Arma Virile e puntarla su di lei, mirando a colpire il suo fiore più delicato. Allora ella, quasi paralizzata dall’angoscia, chiuse gli occhi, come per non vedere quanto stava accadendo; sentì soltanto lo sparo dell’Arma dentro di sé, violento e superbo; sentì la ferita lancinante dell’anima; sentì la vergogna senza fine.
Allora, nel silenzio, le lacrime discesero copiose dai suoi occhi, come acque lustrali, necessarie a lavare l’oltraggio inopinatamente subito, a purificare un corpo odiosamente violato, a curare un animo brutalmente offeso.
Intanto il Maschio, rimessa nel fodero la sua potente Arma, scrutava compiaciuto la sua vittima, con occhi pieni di disprezzo e di orgogliosa superbia. Non diceva nulla con le parole, ma parlava chiaramente col suo sguardo.
“Non penserai mica di denunciarmi, miserabile sgualdrina? IO sono il Maschio, sono ricco e potente e ho molti amici; TU invece sei solo una stupida Donna, una servetta delle pulizie. Anche se, per caso, tu trovassi il coraggio di parlare, nessuno darebbe retta ad una pezzente come te!” – pensava tra sé il Maschio.
Come dargli torto? Chi avrebbe dato retta alla parola di una serva contro quella di un notabile come lui? Tutti avrebbero pensato che lei, dopo aver accettato consapevolmente un rapporto con lui, cercasse di ricattarlo per spillargli quattrini. Dopotutto, un Maschio con la sua posizione avrebbe potuto permettersi di avere ai suoi piedi donne ben più ricche e affascinanti: perché avrebbe avuto la necessità recare violenza ad un’oscura, insignificante, anonima serva?
Anche la Donna meditava su queste cose nel silenzio del suo dolore e sapeva bene anche lei quale sorte toccasse alle donne povere oggetto di ‘attenzioni’ da parte del Maschio ricco e potente. Sapeva bene che sarebbe stata costretta a tacere, pur di salvare dalla vergogna sé stessa ed il suo Bimbo.
Provando un sussulto di rispetto di sé, cercò almeno di coprirsi con un lenzuolo, ma il Maschio, dinanzi a questo gesto, prima accennò un sorriso sarcastico, poi afferrò con forza il misero schermo di pudicizia che la Donna aveva trovato per difendere il suo corpo e lo gettò immediatamente a terra; quindi la colpì più volte con  violenti schiaffi sul volto, come se volesse punirla per aver tentato di privarlo della vista eccitante di quel corpo indifeso, come se desiderasse umiliarla fino in fondo.
Allora davvero ella, agitandosi nel letto, cominciò a lamentarsi ed a piangere, emettendo gemiti sordi, trafitta da un dolore insopportabile, che si univa al dolore che per secoli altre Donne come lei avevano sofferto, a causa dell’arroganza del Maschio dominatore e cacciatore, cupido di affermare sul piano sociale quella supremazia sulla Donna che non aveva potuto avere in Natura.
Fu solo allora che il Maschio, dopo aver goduto pienamente della sua vittoria, lentamente si allontanò dalla camera, sempre in silenzio; la Donna sentì i suoi passi, mentre scendeva la scala e, arrivato giù, usciva dalla Villa, tranquillo e sicuro di sé, ottusamente fiero del nuovo trofeo da aggiungere alla galleria dei suoi trionfi virili, pronto a disfarsi dei repellenti panni di predatore e ad indossare di nuovo quelli, più rassicuranti, di tranquillo ed affettuoso marito.
Anch’ella, rialzatasi in piedi con enorme fatica, dopo aver indossato di nuovo i suoi vestiti, confusa e stordita per l’accaduto, uscì dalla Villa con passo incerto. Uscita di nuovo all’aperto, provò una sensazione strana, respirando l’aria fresca del mattino. Mentre, a bordo del bus, sola in mezzo ad una folla indifferente, si allontanava da quel luogo maledetto, rifletteva su cosa ora ella dovesse fare. Denunciare tutto alla Polizia? Abbandonare tutto e fuggire altrove?
Dopo qualche tempo, ancora frastornata, arrivò alla casa di sua madre, cui aveva affidato il Bimbo perché glielo accudisse, come faceva ogni volta che doveva recarsi al lavoro. Il Bimbo, non appena la vide, le corse incontro e la abbracciò. La Donna non riuscì a trattenere le lacrime per la commozione, ma quel pianto purificatore la riconciliò, almeno per un momento, con la vita e col mondo, che pure le avevano appena dato un saggio della loro crudeltà. I due rimasero stretti così per attimi che risultarono lunghissimi. In quel momento la Donna prese una decisione.
Non sarebbe più andata a lavorare in quella Villa: sentiva, infatti, che non avrebbe più avuto la forza di sopportare ulteriori violenze da quell’uomo; ma, al tempo stesso, ella non avrebbe sporto alcuna denuncia, per timore di dover affrontare altre umiliazioni, non fisiche ma morali, ogni volta che i suoi occhi avessero incrociato altri occhi dubbiosi, che spesso, pur senza parlare, esprimono il sordo disprezzo chi crede che una donna abbia comunque qualcosa da farsi perdonare.
Quanto era avvenuto sarebbe rimasto sepolto dentro il suo cuore, ella non ne avrebbe fatto parola con nessuno, per evitare di dover fornire troppe spiegazioni. Avrebbe masticato per qualche tempo dentro di sé l’amaro sapore del dolore e della rabbia, come altre Donne per secoli avevano fatto prima di lei. Poi ella, rinnovando ogni giorno l’offerta generosa ed ostinata di sé stessa sull’altare del futuro del suo Bimbo, avrebbe ripreso a lavorare come donna delle pulizie presso i suoi clienti abituali, come se nulla fosse accaduto. E forse, un giorno, la felicità conquistata da suo figlio l’avrebbe ripagata di tanta sofferenza.
La Donna uscì di nuovo per recarsi a casa, tenendo per mano il suo Bimbo, la cosa più bella che le era rimasta.
In quel momento, finalmente, il sole riuscì a squarciare le nubi.

Ferdinando G. Rotolo (luglio 2011)

12 commenti:

  1. Prof. complimenti davvero!una descrizione cruda, ma reale purtroppo attuale... e con un lieto fine che tante donne, soggette a una cosi grande umiliazione, si meriterebbero di avere sebbene nulla possa far loro scordare quel o quei terribili giorni.
    Veronica C.

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  2. Prof, senza parole!tragicamente stupenda *_*
    Marica Tav

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  3. Molto bello. Come sempre, i tuoi scritti inducono ad una immedesimazione nel racconto. Convince ed avvince anche l'uso che fai dei nomi comuni in lettera maiuscola (come i personaggi in cerca d'autore)che possono assomigliare a centomila altri personaggi reali o immaginari, letterari o di cronaca nera. E' purtroppo una storia infinita quella della violenza sulle donne. Complimenti!
    Alessandra

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  4. significativa l'assenza di nomi, siamo tutti quella Donna, quell'Uomo e quel Bimbo in contemporanea. racconto veloce e crudo, porta alla riflessione sui giudizi che a volte troppo affrettatamente si danno e all'importanza PURTROPPO dei ruoli sociali che si legano al potere e alla dignità delle persone. complimenti!

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  5. scusami, ho dimenticato di firmare il commento, sono tartaruga82. :)

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  6. In poche righe hai affrontato un tema forte e, tristemente, attuale..E' una storia che fa riflettere , pensare e maturare l'idea che a questo mondo ci sono molte brutture e cattiverie .. Nel tuo racconto e soprattutto nella parte finale, metti in evidenza la profonda angoscia che pervade una donna vittima di uno stupro..quella sofferenza sorda, pesante e nello stesso tempo urlante di chi e' stata ferita e lacerata nel profondo..Bel finale..come di rinascita..mi piace!
    Bravo davvero!
    Caterina

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  7. Salve prof. ho appena letto il suo racconto. Le volevo fare i miei complimenti perchè è riuscito a descrivere accuratamente una cruda realtà che da sempre mutila le donne,tuttavia noto in lei una certa sfiducia come se ormai non credesse più in un possibile cambiamento positivo, io invece credo che ormai la condizione della donna non sia più quella di una volta, la donna è diventata più coraggiosa, attualmente riesce a dar voce ai suoi diritti e a smascherare gli altrui soprusi a differenza dei tempi passati.A presto!
    Caterina Mangano

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  8. Caro prof. ha toccato un tema veramente scabroso e penoso, purtroppo sono tante le donne che subiscono ogni giorno delle violenze e a molte di queste, come la Donna del suo racconto, non rimane nemmeno più la forza di sporgere denuncia. Anche se è un argomento spinoso, difficile da trattare ha fatto bene a scriverne... basta con i fin troppi silenzi! Complimenti come sempre per l'interessante ed istruttivo racconto, è un piacere poter riflettere , tramite la scrittura, su problemi così importanti. Un saluto
    Alessia S.

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  9. Il tuo racconto è davvero toccante. Complimenti!
    Giovanna

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  10. Ho letto il testo. Molto intenso e vibrante. Complimenti davvero!
    Salvatore M.

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  11. Trovo che il racconto abbia degli accenti dickensiani affioranti qua e là. Anche il riconsegnare la Donna ad un ruolo classicamente muliebre, moralisticamente dignitoso ed ineccepibile, in qualche modo ricorda la narrazione sentimentale di fine Ottocento. Forse il flusso della narrazione trova qualche ansa didascalica che potrebbe distogliere dal piacere del testo. Personalmente non sono riuscita ad immedesimarmi nella Donna del racconto, troppo descritta esteriormente. Inoltre trovo che contrapposta logicamente al "Maschio" dovrebbe trovarsi la "Femmina", che qui è del tutto rimossa dalla forma sublimata della "Donna". Non vi trovo cioè rappresentata l'interiorità femminile. Apprezzo comunque che ci sia una voce maschile che inviti a riflettere su un tema così delicato, anche se a mio avviso sarebbe meglio portare tali tematiche all'attenzione dei maschietti, per i quali manca una pedagogia e un contesto culturale che scoraggi comportamenti violenti. Un'altra cosa che non mi convince è la morale rivolta alle donne che si potrebbe desumere dal racconto... ovvero un larvato invito all'omertà...
    Saluti Cristiana

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  12. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto il mio racconto e coloro che lo hanno commentato. Il mio voleva essere un modo, in forma narrativa, di rendere omaggio alle donne che in ogni angolo del pianeta hanno sofferto per le violenze subite: un omaggio alla loro dignità offesa. Riconosco che la mia formazione è un po' influenzata dalla cultura dell'ottocento e forse qualche aspetto del testo ne risente... comunque è importante che i giovani riflettano su questi temi, proprio per contribuire a creare quella nuova pedagogia che serve per prevenire certi atti. Grazie ancora a tutti!!

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